Un ritratto non fissa solo l'aspetto fisico di una persona, può assumere anche altre caratteristiche.

Attraverso l'opera d'arte possiamo scoprire le qualità del carattere, il ruolo politico o sociale del personaggio.

Così come le altre tipologie artistiche, anche la funzione del ritratto varia con le epoche e presenta molti spunti interessanti.

Chiamiamo "tipizzanti" quei ritratti che non si riferiscono ad una precisa persona, ma definiscono piuttosto un ruolo, un tipo umano generale.

Lo sguardo fiero di un giovane serve a rappresentare la figura di un condottiero o di un atleta.

Un volto anziano, barbuto e con la fronte rugosa definisce una persona dotata di saggezza come un filosofo.

Si parla di ritratto fisionomico quando possiamo osservare una raffigurazione realistica del volto di un personaggio.
In questo tipo di raffigurazione non sono presenti soluzioni schematiche e abbellimenti.

La ricerca della resa fisionomica inizia nel periodo ellenistico, cioè nell'epoca di fusione tra l'arte dell'Antica Grecia e l'arte romana.

I Romani, grazie alla vasta diffusione della ritrattistica funeraria, ci hanno lasciato molte testimonianze importanti.

I ritratti dei personaggi del passato, specialmente quelli che detenevano il potere, contengono pose ed elementi predisposti a nobilitarne l'aspetto.

È soprattutto in uso nelle corti italiane del Quattrocento e costituisce il tipo di ritratto che meglio rappresenta i regnanti di quel periodo.

L'deale della forza unita alla saggezza trova così una efficace rappresentazione attraverso l'opera di molti artisti.

Nasce nel Cinquecento la tendenza a voler esprimere attraverso il ritratto, oltre all'aspetto esteriore, anche il carattere o lo stato d'animo del personaggio rappresentato.

Certi ritratti riescono così a cogliere delle caratteristiche importanti delle persone come la malinconia, l'astuzia, l'ironia o la gioia.

Alcuni ritratti di autori come Frans Hals o Francisco Goya sono famosi per il contrasto che esiste tra l'abito dei personaggi, in genere ricercato e solenne, ed i volti che trasmettono l'idea di personalità più semplici.

Si tratta di un ritratto che mette in rilievo il ruolo ufficiale, politico o sociale del personaggio rappresentato.

Si diffonde a partire dal Cinquecento, ma sarà una delle tipologie più diffuse dell'epoca barocca.

I soggetti sono posti frequentemente di tre quarti ed hanno una posa solenne.
I volti sono descritti con cura per il dettaglio ma non trasmettono informazioni sullo stato d'animo.

In questo tipo di ritratto si tende ad esaltare il rango del personaggio e non viene trascurato nessun elemento collaterale che tenda ad accentuarlo.
Si notano quindi abiti ricchissimi, armature, gioielli e onorificenze.

La cultura romantica caratterizza l'Ottocento e influenza le arti in modo marcato. L'individuo e la sfera dei suoi sentimenti vengono rivalutati e rappresentati in molte opere.

Il ritratto romantico tende a mettere in evidenza le qualità spirituali della persona come la religiosità, l'attaccamento alle arti e l'amore per la patria.

La concezione di questo tipo di ritratto ripercorre una tendenza idealizzante.

Attorno alla metà dell'Ottocento si diffonde una tendenza decisamente realistica che influenza le varie arti.

Nell'eseguire il ritratto si punta sulla resa realistica dell'identità scegliendo i soggetti non solo fra la borghesia, la classe sociale che ora detiene il potere economico, ma anche tra gli esponenti degli strati più umili della popolazione.

Si afferma con il realismo uno stile senza fronzoli che rinuncia a quasi tutti gli elementi decorativi.

La sensibilità artistica del Novecento è pervasa in modo dominante dalla tendenza espressionista.
L'autore tende a far prevalere nell'opera la sua visione soggettiva della realtà.

Nascono così ritratti costruti con linee essenziali che si ispirano alla genuinità dell'arte tradizionale africana.

In altre occasioni vengono impiegati colori accesi e contrastanti.
La verosimiglianza non è considerata la qualità principale.
I precursori di questo fenomeno sono alcuni autori della fine dell'Ottocento come Van Gogh, Ensor e Munch.

La pratica del ritratto nel Novecento viene interpretata come una sorta di percorso di analisi interiore del soggetto.
I volti, contrariamente al passato, servono a trasmettere una visione problematica e talvolta drammatica della personalità umana.

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